Il senso della compassione

Pensieri dall’India di Monica Massa

Dare all’altro senza aspettativa, senza attesa di ricevere una forma di restituzione. Fermamente nel donare. Il senso della compassione è una forma possibile in ogni istante della nostra vita, le occasioni si creano da sè, nelle forme più semplici della vita quotidiana.

Guardiamoci intorno, impariamo a filtrare gli accadimenti come occasioni ed opportunità, come segnali di avvio verso una dimensione del collettivo, non solo dell’Io e dei miei bisogni e dei miei desideri. Spesso all’inizio si sarà titubanti, diffidenti verso l’altro, favorevolmente propensi a non muoversi, a non fare nulla per l’altro.

Via via, si accede con coraggio, ad un attenzione a cogliere le possibilità, a non girare le spalle all’altro, ma a cedere il posto sull’autobus, a fare un sorriso spontaneo e disinteressato, ad offrire un passaggio ad una collega in ritardo, ad aspettare con l’ascensore il vicino, a completare il lavoro per un altro, ad ascoltare chi ne ha bisogno, a cullare il figlio se fatica ad addormentarsi, a perdonare chi ci ha leso, a diversificare la spazzatura, a ridurre il consumo d’acqua, a donare una parte del proprio tempo in volontariato, a donare una parte del proprio denaro in beneficenza, a sostituire qualcuno in difficoltà, a chiamare per non far sentire l’altro solo, a ricordare all’altro la sua importanza per noi e la sua preziosità nell’universo.

Se giungeremo a questa forma di solidarietà e fratellanza, come forma di compassione, e riusciremo a sorridere anche quando saremo esausti, a pazientare quando saremo intolleranti e ad amare ancora e ancora quando siamo stati feriti, mortificati, puniti e lasciati, allora saremo in grado di vivere nella vera compassione.

Oggi ci sarà gioia perché donare all’altro è gioia per sè, quale che sia la forma, un sorriso, un abbraccio, una parola, un dono; se ciò accade oggi, domani e ancora, siate benvenuti nella fratellanza.

Il benessere dei figli

Come sviluppare un atteggiamento positivo al benessere. Benessere vuol dire riconoscere ed eliminare sistematicamente tutte le abitudini di vita negative. I bambini devono imparare che le abitudini negative sono scelte che favoriscono le malattie. Crescendo deve essere in grado di capire che fumare vuol dire scegliere il rischio di malattia, che l’alcool e la droga danneggiano la salute, oltre che essere piaghe sociali. Quello che si può fare per aiutarli è porre l’accento sempre l’importanza di star bene esortandoli a non assumere abitudini nocive di salute solo perché altri lo fanno. Noi siamo anche il modello.

Se rileviamo il malessere del figlio con eccessive coccole, se ci compiacciamo dei nostri disturbi, lamentandoci tutto il tempo di come stiamo male, gli insegneremo senza volerlo, ma molto probabilmente a sviluppare una tendenza alla malattia e non al benessere. Prendiamo l’impegno con noi stessi ad avere cura della nostra salute, ciò significa dimostrare ai figli che abbiamo una sufficiente considerazione nel far ciò che può conservarci in un buon stato di salute. Fattori elementari al benessere, secondo gli studi sono la dieta e l’alimentazione, il moto e la forma fisica, l’abbandono di abitudini negative (il fumo, l’eccessivo consumo di alcool e droghe). A questo vanno aggiunti due elementi, darsi benessere, avere senso dell’umorismo e saper ridere spesso.

 Albert Einstein diceva: “L’immaginazione è più importante della conoscenza, perché la conoscenza è limitata, mentre l’immaginazione spazia per il mondo intero”.

Sosteniamo nei figli la naturale inclinazione a ridere e a divertirsi, indispensabile per il loro benessere. Ridiamo con loro, insieme a loro. La risata e il gioco sono azioni naturali e il modo per imparare le interazioni e le capacità fisiche. Visualizzazioni, affermazioni positive ed allegria sono il benessere della vita.

Insegniamo ai figli l’importanza di affermazioni positive nella vita, come ad esempio “Sono convinto di essere sano, la mia aspirazione è di essere felice e sano, il mio corpo è in salute. Non ho bisogno di ammalarmi per ricevere attenzioni, io credo nelle mie capacità”; anziché dire “Non ridere a tavola” si può dire “Siete sempre così divertenti. E’ bello vedervi tutti di buon umore”. Se sanno che ci prendiamo cura di loro impareranno ad aver cura di sé, se li ascoltiamo penseranno di essere persone interessanti, se sanno che gli dedichiamo il nostro tempo si sentiranno importanti ed avranno un’immagine positiva di sé.

Insegniamo ai figli a cercare la soddisfazione interiore, uno solo è il successo, vivere la vita a proprio modo. Sbagliare non è una colpa, è il solo modo per imparare. La preoccupazione è generalmente una previsione negativa di situazioni future che comprende pensieri e idee riguardanti un risultato spiacevole di eventi che l’individuo vive con apprensione, ansia o paura. Ciascuno è responsabile della propria realtà. Resistiamo alla tentazione di limitare la portata della loro realizzazione rispetto alle attese collegate all’esperienza dimostrata “possibile”.

Insegniamo ai figli che possono scegliere, le loro convinzioni determinano veramente ciò che essi provano e in loro vi è la facoltà decidere di essere come tutti gli altri e mettersi semplicemente in sintonia o diventare persone indipendenti e pienamente realizzate.

Le prime forme di sentimento e di amore

L’età scolare è l’età in cui vi è il passaggio dalla pubertà verso la fanciullezza, l’età in cui i primi contatti amicali diventano fonte di amicizia e di confronto. È un momento delicato, in cui i primi segnali fisici di avvicinamento allo sviluppo evolutivo sopraggiungono ed a volte in modo anche anticipato, rispetto ad un evoluzione canonica. Le relazioni con i pari sono spesso caratterizzate dai dialoghi, dalle simpatie, dai giochi insieme e il primo sentimento che spesso vivono è quello di gelosia per non “essere stati scelti”; il legame tra bambini è caratterizzato da esclusività e possono soffrire od essere dispiaciuti per l’esclusione o l’abbandono. A volte sono solo timori e bisogna semplicemente ascoltarli, senza ridicolizzare o sminuire le loro esperienze od i loro vissuti emozionali.
L’amicizia è un sentimento basato sulla reciprocità, la fiducia e il gioco, l’amore è il mettersi in gioco, il batticuore. I bambini si aprono con l’amica del cuore e si confidano, si parlano e si chiedono consiglio. Verso l’adolescenza invece si aprono le porte dell’amore, i primi veri innamoramenti e le prime infatuazioni, vi sono i grandi turbamenti ed i primi coinvolgimenti emotivi. Le sperimentazioni di nuovi sentimenti e di grandi paure, che derivano dall’intensità e dalla forza dell’attrazione. Questo è il preludio dell’incontro “con l’altro”, anche sul piano fisico.
L’atteggiamento genitoriale di fronte alla crescita dei figli sarebbe auspicabile che fosse cauto, nel senso di non essere intrusivi ma attenti, di comprendere gli sbalzi emotivi ed anche di relazionarsi su un piano di realtà. Sapere rispettare il loro sentire e ciò che stanno vivendo come facente parte di un’esperienza ineluttabile e persino costruttiva, dove le delusioni sono inevitabili e le svalorizzazione di sé è una possibile conseguenza. Altrettanto comprensibile il senso di sfiducia, di rifiuto e l’eventuale fuga dall’altro. I primi rapporti d’amore costruiscono la struttura su cui si baseranno le loro future relazioni affettive. È quindi opportuno sia che siano femmine o che siano maschi, bisogna farli sentire “preziosi ed unici” anche quando attraversano le loro “tempeste”.

Il corpo dei bambini nella gioia

Ogni bambino nel suo processo di sviluppo psicomotorio impara a muoversi, si gira, rotola, striscia, si siede e sia alza, impara a camminare ed a scoprire sé stesso attraverso il suo corpo. Impara ad “imparare”. Impara a conoscere le sensazioni del suo corpo e a distinguere i movimenti rapidi da quelli lenti, alle catene di movimenti per realizzare un’attività o uno sport, impara che il suo corpo occupa uno spazio nella relazione con gli altri. In casa, al nido, a scuola e nell’ambiente circostante trae stimoli continui dal ricevere segnali e rimandi sui suoi movimenti ed i suoi spostamenti. Un corpo che si muove è il veicolo primario di comunicazione con l’altro, se si muove in avanti ci sarà un altro corpo che lo accoglie e lo riceve, che lo ascolta, nei suoi bisogni e nelle sue necessità. Il corpo non è solo il fisico, il corpo è l’involucro della persona, la cura e il rispetto sono fondamentali per una crescita sana. Il corpo di un bambino è sacro.  Le sberle, le sculacciate o altri comportamenti fisici di aggressività e di violenza creano dolori nel cuore che solo con un’opportuna elaborazione possono essere superati. Non sono loro piccoli e noi grandi, sono solo persone “piccole” che stanno crescendo. Il corpo vive nella gioia quando è libero, nei prati, sulle altalene, nei campi con la palla, nel fare le ruote, le arrampicate e le scivolate sull’erba. Quando si può sentire la forza nelle gambe che corrono, il fiato corto per esser arrivati primi ad una gara di corsa e per esser riusciti a tuffarsi nell’acqua nonostante la paura, quando si riesce ad alzarsi dopo esser caduti dalla bicicletta e riprendere la strada per volerci provare di nuovo. La gioia nel corpo è presente quando le carezze gentili di una madre accarezzano il viso del figlio e un padre lo rincuora con una mano sulla spalla, o quale che sia il tocco purché sia con amore. Il corpo è un veicolo per comunicare e ricevere amore, bisogna abbracciare i figli, non li rende deboli, ma più amati. Ogni giorno il corpo può essere nella gioia, un salto una carezza un sorriso e il corpo gioisce, non solo nel cuore.

Emdr: da ricordi traumatici a ricordi normali, neutri.

I genitori spesso chiedono supporto per il figlio, a causa di disagi emotivi, fisici e/o comportamentali. Questi disturbi potrebbero essere collegati a una o più esperienze traumatiche, come una malattia, un incidente, un incendio, un abuso verbale o fisico, in atti di bullismo o altre esperienze traumatiche.

Gli studiosi ritengono che i ricordi di questi episodi traumatici non sono memorizzati correttamente nel cervello, per questo continuano a provocare disagio. In tal caso si può fare qualcosa, con un metodo terapeutico efficace denominato l’EMDR – Eye Movement Desensitization and Reprocessing – Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso Movimenti Oculari. 
Una volta che questi ricordi saranno memorizzati in modo adeguato, anche i problemi ed i sintomi ad esso collegati del figlio diminuiranno o addirittura scompariranno completamente.  Il lato positivo dell’EMDR è la rapidità con la quale si ottengono i risultati. Vi sono casi diversi, un bambino, vittima di un’unica esperienza negativa, ha di solito bisogno di una terapia più breve rispetto ad un bambino esposto a un lungo periodo di minacce o di molestie.  In quest’ultimo caso, l’EMDR è generalmente integrato in una terapia più ampia.

Rielaborazione
L’elemento fondamentale è probabilmente il modo in cui sono memorizzati i ricordi. Il cervello elabora le esperienze traumatiche in modo diverso da quelle normali. Nelle esperienze normali le informazioni provenienti dai sensi arrivano al cervello dove vengono registrate e trasformate in ricordi, cioè in un insieme di fatti, impressioni e interpretazioni. Nelle esperienze caratterizzate da paura intensa, senso di impotenza o paura di morire, il corpo entra in uno stato di allarme. Per questa motivo le immagini, i pensieri, le sensazioni e i suoni disturbanti originari vengono memorizzati in forma grezza (non elaborata). Gli stimoli, quali le immagini, gli odori, i suoni e le sensazioni che ricordano l’esperienza traumatica, possono riattivare ogni volta questi “ricordi grezzi”. Il bambino continua a rivivere le stesse emozioni di allora, e ogni volta ne è turbato con la stessa intensità. L’EMDR aiuta a concludere il processo di memorizzazione, per trasformare i ricordi traumatici in ricordi normali.
Un lungo periodo di esperienze traumatiche può addirittura ritardare lo sviluppo di alcune aree del cervello. Di conseguenza, un bambino può presentare ritardi in alcuni campi, e lo sviluppo della sua personalità può risultarne influenzato. Nel caso di un singolo episodio traumatico, l’effetto è meno grave, ma se i disturbi che ne conseguono si prolungano, può verificarsi un ritardo nello sviluppo. L’EMDR rimuove questi ostacoli, favorendo la ripresa di uno sviluppo normale. Di conseguenza, le (re)azioni e le sensazioni del figlio miglioreranno.

Nessun rischio

La prima pubblicazione sull’EMDR è apparsa nel 1989 negli Stati Uniti. Questo metodo terapeutico è stato in seguito approfondito e studiato scientificamente. L’EMDR è oggi considerato una terapia psicologica efficace per adulti, adolescenti e bambini colpiti dal ricordo di eventi traumatici. Solo dopo una formazione specifica sull’EMDR, i terapeuti possono essere qualificati per applicarlo.  Se applicata bene, questa terapia non presenta alcun rischio.

Come si svolge questa terapia?
Il terapeuta chiederà al figlio di parlare dell’evento e quindi di soffermarsi sull’immagine che ora ritiene più sgradevole. Mentre il bambino si concentra sull’immagine e su quello che ora pensa e sente al riguardo, gli verrà chiesto di seguire con gli occhi i movimenti delle dita del terapeuta; oppure tamburellare con le dita sulle ginocchia della persona (tapping).

Il terapeuta chiederà periodicamente al bambino: “Cosa noti?” oppure “Cosa ti viene in mente?” Potrebbe trattarsi di immagini, pensieri o emozioni, ma anche di sensazioni fisiche, come tensione o dolore. Il bambino sarà sempre più in grado di affrontare l’immagine di quell’evento. La terapia proseguirà fino a quando suo figlio non sarà più turbato dal ricordo dell’accaduto.
Non vi è alcun dubbio sull’efficacia dell’EMDR, si suppone che il processo naturale di elaborazione venga stimolato dalla combinazione di due elementi: l’attenzione al ricordo disturbante e uno stimolo distraente (movimenti oculari o tamburellamenti) in grado di attivare alternativamente l’emisfero destro e sinistro del cervello.

Effetti della terapia
È possibile che, durante la terapia, il bambino (o ragazzo), sia più concentrato sul ricordo traumatico o sui ricordi ad esso correlati. Questa è la conseguenza del processo di elaborazione. Un processo che non si ferma quando il figlio conclude la seduta, a volte potrebbero emergere ulteriori sensazioni di ansia o di inquietudine che, generalmente, scompaiono entro poco tempo dalla fine seduta terapeutica.
Di solito si spiega al bambino (o al ragazzo) che possono esserci ricordi che ci disturbano e creano un disagio, se abbiamo il coraggio di affrontarli, soprattutto con l’Emdr essi si risolveranno e noi saremo “più leggeri e liberi” dalle nostre paure.

Bambini in età da 1 a 5 anni
Quanto più il figlio è piccolo, tanto più la presenza del genitori è importante per infondergli sicurezza. Il terapeuta chiederà di partecipare attivamente alla terapia e ricorrerà volentieri alla sua conoscenza del bambino.

Bambini dai 6 ai 12 anni
I bambini di questa età sono di solito in grado di seguire autonomamente la terapia e possono essere favorevoli o meno alla presenza dei genitori e solitamente glielo si chiede, nella descrizione dei dettagli dell’evento dalla presenza di un genitore. Un bambino di questa età riesce, infatti, a immedesimarsi nelle emozioni degli altri, e potrebbe non voler dare un dispiacere al genitore. Il compito del genitore è principalmente offrire appoggio e osservare attentamente il comportamento a casa .

Adolescenti dai 12 ai 18 anni
I genitori non saranno presenti, salvo casi specifici, durante le sedute.

 

Link https://emdr.it/